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Giotto, sei un mito!

Nacque a Colle di Vespignano nel 1267. Bondone, il padre, era un piccolo proprietario terriero. Non è chiaro se Giotto sia un diminutivo di Ambrogio (Ambrogiotto), di Ruggero, di Biagio (Biagiotto) o sia esattamente il suo nome proprio.

Mettendo da parte le leggende, che lo vogliono pastorello a dipingere sui sassi, a fare mosche iperrealiste o cerchi perfetti a mano libera, resta l’ammirazione per le sue capacità tecniche in pittura.
 

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Secondo tradizione, senza però alcun documento di prova, il suo maestro fu Cimabue. Vero è che girò l’Italia e realizzò una rivoluzione epocale nell’arte del suo tempo, tanto che molti libri di storia dell’arte indicano l’origine dell’arte italiana partendo proprio da lui e dalle sue opere.

Giotto fu noto e famoso già in vita, un vero e proprio mito culturale, detentore di una considerazione senza precedenti. La sua bottega brulicava di alunni e commissioni e Giotto impostava e organizzava i lavori.

 

Gli affreschi della Basilica superiore di Assisi e della Cappella degli Scrovegni a Padova sono solo i più celebri della sua produzione.

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A cosa deve tanta celebrità immutata nei tempi?

Iniziamo a porre una pietra di paragone. Siamo abituati a considerare i movimenti artistici come un susseguirsi di “rivoluzioni”: lo stile e il periodo artistico che viene dopo è una rivoluzione rispetto a quello precedente.

Spesso queste “rivoluzioni” si sono avvicendate nel giro di pochi anni. Picasso ne ha vissute e praticate una decina… impressionismo, cubismo, primitivismo, astrattismo ecc.

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Giotto, invece, si trovava di fronte a uno stile pittorico come quello bizantino, che perdurava da ben mille anni. Immaginate di cambiare le regole di qualcosa che si fa nello stesso modo da mille anni.

Lo stile della pittura bizantina raffigura le persone rigorosamente a due dimensioni, su fondo piatto, con segno uniforme, visi solenni senza espressione. I mosaici di San Vitale a Ravenna sono un esempio classico di arte bizantina.

Ecco che nel 1300 arriva Giotto e la pittura prende vita.
Iniziamo dagli sfondi dietro i personaggi: non sono monocolori o dorati ma raccontano situazioni reali: vediamo case, architetture, chiese, paesaggi. Giotto rileva e descrive gli ambienti in cui si trovano i personaggi. 
Per gli osservatori è davvero rivoluzione. Non vedono più un uomo stilizzato che naviga nel nulla, ma un uomo che, come lo stesso osservatore, vive in una città, abita una casa in una stanza, cammina tra gli alberi con il cielo e le colline in lontananza.

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Non è tutto.
Le figure umane prendono corpo. Non sono figurine piatte come ritagli da un foglio di carta, ma attraverso il chiaro scuro danno l’idea di essere tridimensionali, di avere una profondità oltre ad altezza e larghezza. Sembrano vivi.


Per gli spettatori dell’epoca l’emozione fu, paragonata a oggi, come passare dal cinema, che ha uno schermo piatto, a un ologramma. 

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In armonia con queste innovazioni fondamentali, Giotto va ancora oltre e aggiunge anche sentimenti e stati d’animo.

Osserviamo i gesti e i visi dei personaggi: si esprimono.

Possiamo ritrovare terrore e disperazione nella strage degli innocenti, stupore e sorpresa davanti ai miracoli di San Francesco e di Gesù, e così via tutto un catalogo di emozioni in cui è facile riconoscersi.

Ricordiamo che oggi fare le cosiddette “rivoluzioni” è molto semplice: l’arte è libera da qualsiasi obbligo e non ha committenti. Anzi, più si presentano cose strane e meglio è, come nel circo di Barnum. Bisogna stupire, scandalizzare, non importa avere una qualche abilità, basta fare spettacolo. Una giustificazione, meglio se confezionata con parole incomprensibili, la si trova dopo.

Ma al tempo di Giotto il pittore non è una “star”. È un artigiano che deve seguire regole precise, a stretta osservanza e approvazione del potere e del committente.

Essere riuscito a scardinare mille anni di abitudine, traghettando una pittura di icone e simboli piatti in scene reali, umane, con cui poter entrare in empatia, è un’impresa mille volte più difficile di fare un cerchio perfetto a mano libera.

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Ci voleva un uomo geniale e straordinario come il signor Giotto di Bondone.

 

Andrea Giuseppe Fadini

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